giovedì 29 maggio 2014

ACQUA PER ACQUA - A VELA PER VIVERE

Scrivo spesso di emozioni, e per far questo la cosa migliore è avvicinarsi e conoscerle da vicino. Lo scorso fine settimana ho avuto la fortuna di passare dei giorni con un gruppo di persone "emodializzate e trapiantate" (non sono parolacce). Il loro gruppo con il progetto "ANED Vela"ha organizzato dei giorni in agriturismo  in Toscana  a Grosseto, con uscite in barca a vela, con il motto "A vela per vivere"

Quattro di loro sono trapiantati di rene, alcuni da molti anni e altri da pochi mesi,  altri due, di cui uno il nostro skipper e l'altra la ragazza più giovane del gruppo,  in dialisi peritoneale, ciò vuol dire che ogni sera,  per 9/10 ore stanno attaccati ad una macchina automatica per fare la dialisi. (Non è che tutti i giovani la sera escono con gli amici ad ubriacarsi).
Un mondo nuovo per me, a parte Marco, il mio amico "trapiantato" che mi ha invitata per quest'avventura, non ho mai conosciuto persone con questi tipo di problema. La cosa che mi colpisce è sapere quante invece lo vivono ogni giorno. Persone invisibili, perchè a differenza di altre malattie, questa non si può vedere. Ascolto i racconti, mi faccio spiegare, e soprattutto, per me che amo il mare, ho la possibilità di  condividere con persone speciali un momento importante, l'uscita in barca a vela, per qualcuno la prima.

C'è una cosa che mi colpisce di tutti loro, la positività che esprimono, la loro ironia e autoironia,  le risate, e soprattutto il loro coraggio.
Nei tre giorni insieme, non ho mai sentito un lamento da parte loro, ma solo tanta voglia di fare e di provare anche questa avventura. (e tante attenzione verso di me che avevo un "banale" raffreddore e mal di gola). Insieme al profumo del mare ho respirato l'importanza del gruppo, luogo dove le insicurezze cambiano forma, solo per il fatto di essere condivise.

Mentre ero sul mare pensavo a quante volte ci lamentiamo del niente, di quante persone pur non avendo un reale problema, sono bloccate dalle proprie paure, si impediscono di fare qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. Si creano malattie inesistenti, si dimenticano di vivere. Sembrano vite sprecate, viste da chi, vorrebbe avere un corpo sano.

Mirko, con tutta la sua voglia di fare questa esperienza, nonostante sia stato male per il mal di mare, la prima cosa che dice sceso dalla barca è che tornerà di sicuro a navigare, perchè gli è piaciuto tantissimo.
Io che ho fatto esperienze precedenti in barca con persone "sane", dopo la prima nausea e il mar di mare hanno ripetuto per giorni interi "Mai più salirò su una barca", e così è stato.

Dei bei giorni, circondata  da persone coraggiose che non si fermano al primo ostacolo, perchè loro sanno che ce la possono fare. Credo che ognuno di loro si sia chiesto e si chieda spesso "perchè proprio a me", ma la migliore risposta che si può dare davanti agli scherzi che la vita fa, sia l'amore e il rispetto per la vita stessa e loro ne sono la dimostrazione.

Ho sempre pensato che chi ha qualcosa in meno, ha qualcosa in più, l'ho imparato fin da bambina, quando a soli 6 anni, mentre i bambini giocavano e correvano, io per i problemi alla schiena, me ne stavo chiusa in gessi o busti ortopedici, creandomi un mondo mio, da bambina "diversa".  Non avevo la padronanza del mio corpo, ma avevo la possibilità di conoscerlo.  Così è stato fino all' età adulta, ed anche dopo due operazioni. Trovo molte cose in comune con il loro modo di vedere, la stessa ironia verso il "problema", per viverlo ed accettarlo meglio, e tanta voglia di stare bene.

Sono rimasta colpita da ognuno di loro, che senza saperlo,  mi ha dato  qualcosa che mi sono portata a casa,  e ancora una volta,  ancor di più l'amore per questa pazza vita.

per leggere le parole di Mirko e Debora

per vedere le fotografie 
https://www.flickr.com/gp/124947157@N06/s9LXX7/


Tra il cielo e il mare, ci siamo noi.








giovedì 20 marzo 2014

CHE FORMA HA LA FELICITA'?


Me ne stavo seduta in aeroporto in attesa di partire per andare a trovare degli amici a Barcellona. Mentre aspetto l'aereo il telefono suona. E' Lisa, mi chiede se mi va di essere ospite da lei e il suo team a  Happiness on airil programma  parla di "felicità, di cose cose belle, di emozioni, di sorrisi, il tutto con leggerezza e profondità".   Mi prende alla sprovvista, accetto. Sto partendo e sono felice, perchè no? 
E così prendo il volo (in tutti i sensi) e nel viaggio mi metto a pensare a che cosa è per me la felicità. Mi rendo conto di quanto sia bella questa parola, di come si possano scandire le sillabe dicendola e di come quell'accento finale faccia fare una smorfia, come per poterla definire simbolicamente. FE-LI-CI-TA'. Come è possibile spiegarla?

Ho provato ad elencare nella mia testa i momenti in cui mi sono sentita felice e mi sono accorta che l'elenco è lungo: a volte è un volto, a volte un profumo, un fatto che mi è accaduto, un luogo, un sapore,  attimi memorizzati dentro di me, come scatti di  fotografie.

Ho provato a pensare anche alla  tristezza, stava per risultare anche questo un lungo elenco, ma la mia mente si è spostata velocemente al pensiero precedente, allora ho capito che la capacità di essere felici, dipende molto dalla nostra volontà di decidere cosa si vuole mettere in evidenza.

Credo sia un approccio alla vita, un modo di vedere e di percepire ciò che accade a noi e intorno a noi.

Forse la felicità non ha nessuna forma, oppure ne ha tante, ma so che è qualcosa di leggero che può farci volare, senza attese, perchè lei non è un'aspettativa. Nessuno può essere  responsabile della sua esistenza se non noi stessi, e nessuno può prendersi la responsabilità della felicità di qualcun altro.

E' un lavoro su di noi, sui nostri conflitti, sui condizionamenti e sulle nostre certezze.

E' una strada da percorrere senza una meta precisa,  impossibile sapere dove porta, perchè non è questa la cosa importante o forse perchè non siamo noi ad andare verso di lei, ma lei che trovandoci sulla strada, entra in noi.

LA FELICITA' NON DIPENDE DA QUELLO CHE POSSIAMO AVERE, MA DA QUELLO CHE SIAMO IN GRADO DI SENTIRE.




La felicità nelle sue molteplici forme:
leggete qua

Una vita (quasi) normale. La frase più frequente sulla bocca di Giulio: «Sono felice».








mercoledì 12 marzo 2014

IL DEGRADO MINORE

Da pochi mesi vivo in città, a Bologna, una realtà completamente diversa da quella in cui ho vissuto tanti anni. Vengo da un piccolo paese "ridente"(come definiscono tutti i paesi di questo genere le guide turistiche) sulla riva del lago d'Iseo. La prima cosa che vedevo ogni mattina era il lago e tanto verde.

Da due mesi la prima cosa che vedo al mio risveglio è il barbone che vive di fronte a casa, mi hanno detto che vive qui da tanti anni. E' il mio nuovo vicino di casa. Lo guardo, lo faccio ogni giorno, più volte, non riesco a non farlo, lo osservo nei suoi movimenti. Il portico è il suo tetto e i cartoni il suo appoggio, accanto a sè due borse bene ordinate contengono vestiti e non so che altro. Anche se non mi alzassi dalla sedia so che lui è lì, sento la  musica che esce dalla sua radiolina. 
Il cartone di vino e il bicchiere di plastica stanno sempre vicino a lui, il cartone termina presto, ma presto viene sostituito con uno nuovo . Spesso la sera arriva l'ambulanza, con pazienza e insistenza lo caricano e lo portano via, lo chiamano per nome,  ma lui la mattina è ancora al suo posto come chi deve timbrare il cartellino, puntuale. 

Se la famiglia è il luogo dove c'è l'amore, ognuno la può trovare dove meglio crede. Forse lui non ha mai avuto di meglio di quello che ha ora e  questo è tanto di più di quello che ha avuto. La gente lo conosce, lo saluta, gli parla, gli dà cibo, sigarette, qualche spicciolo. Questo posto è la sua casa, ormai tutto gli è famigliare. 

A Bologna sento spesso parlare di degrado,  è una bellissima città, tanta bellezza e tanta bruttezza, tanti profumi, e tanti odori, tanti rumori e tanta musica.  Un concentrato di tutto. Tante persone di diversi paesi e culture.
La realtà che vedo qui è molto diversa da quella che vedevo nel mio paese, ma è la realtà, per questo mi piace. E' una facciata sul mondo.

Nei paesi si è portati a nascondere i fatti perché lo spazio è piccolo, conta ancora quello che dice la gente, (che non deve sapere, non deve vedere), conta la bella casa, la bella auto, la bella famiglia, ma come in tutti i posti le cose che accadono sono le stesse.
Siamo nella società dell'apparenza, la facciata se non rientra negli standard è criticabile.

E' proprio guardando l'uomo di fronte che riesco a darmi una spiegazione su cosa è per me il degrado, rendendomi conto che lui è solo lo specchio di quello che mi sta intorno, del mio vissuto, di quello che mi è stato raccontato e di quello che non conosco.
Lui è solo la piccola parte visibile di ciò che è tanto ed è invisibile.

Luoghi che poeticamente e razionalmente dovrebbero essere il nostro rifugio, si trasformano nelle nostre prigioni, ma non sono criticabili perchè la loro facciata è decorosa.

Il degrado famigliare, luogo di tradimenti, di non rispetto e violenza domestica.
Il degrado nei luoghi di lavoro dove regnano invidie, mobbing e chissà che altro.
Il degrado dell'essere umano, con le sue dipendenze da psicofarmaci, alcool,  droghe, gioco..
Il degrado della politica.
Il degrado nei gesti e negli occhi degli esseri umani. 
Il degrado dei sentimenti.

Basta leggere il giornale, ascoltare le notizie con le cronache di ogni giorno, basta guardare nelle nostre vite che qualcosa di degradato c'è.

Mi alzo, lo guardo e capisco che lui siamo tutti noi ma forse, lui, è il degrado minore.





lunedì 30 dicembre 2013

SCHIAVO CERCA PADRONA

AAA. Stavo solo cercando una stanza in città, niente altro. Pubblico il mio annuncio  sulla pagina internet di uno dei siti  più utilizzati per la ricerca di case e stanze, elenco le caratteristiche che vorrei: ampia, luminosa , riscaldamento centralizzato, internet, coinquilini socievoli.. e logicamente nessuna descrizione di me, nè età nè altro. 
Nella mail mi trovo questa risposta all'annuncio, l'offerta di una stanza e di uno "slave", tutto incluso e gratis:


"Salve, offro umilmente camera singola a bologna provincia con schiavo autista che La porti in centro e disponibile al Suo servizio per qualunque cosa (cucina, pulizie, domestico, facchino), il tutto gratuitamente e con grande gratitudine, se Lei volesse così.Slave"

Mi da del Lei e pure in maiuscolo! non rispondo, qualche giorno dopo altra mail, dal Lei  passa al Voi:

"Salve, Vi offrò umilmente l'utilizzo GRATIS della mia casa, con possibilità di usarmi come autista, cameriere, zerbino, leccapiedi e in qualunque altro modo Voi desideriate. Vi supplico umilmente di darmi questo grande onore, sono pronto a fare tutto ciò che volete. La casa ha 3 stanze e il garage ed è abbastanza grande e nuova. 
Un umile inchino, o Dea."

Questo vuol dire che posso sfogare tutte le rabbie represse? 

Pulirmi gli scarponi sporchi di fango, al ritorno dal parco? 
Fargli lustrare il pavimento con la lingua? 
Farmi scorrazzare a destra e a manca, e il tutto gratuitamente? 
Posso insultarlo, umiliarlo quanto mi pare?

Caro Slave, mi spiace, ti ringrazio per la tua offerta ma per i miei gusti personali l'uomo zerbino è il peggiore che potrei incontrare. 
Ho trovato casa, grazie per la tua disponibilità ma i piedi me li pulirò nello zerbino all'entrata. Nessun autista privato, per me solo il guidatore dell'autobus, nessuno che mi leccherà i piedi, forse il cane dell'amica. Niente cameriere e cuoco, ahimè, farò da sola quel che posso. 
Però mi spiace davvero tanto di una cosa: il garage mi sarebbe servito!














lunedì 16 settembre 2013

I TRASLOCHI FANNO BENE - LIBERANO

Tra 7 giorni libererò la casa in cui mi trovo da tre mesi, in un anno è il terzo trasloco. Un anno fa, per il mio quarantesimo compleanno mi sono regalata un trasferimento al mare, in Toscana. La mia esperienza è durata pochi mesi, per problemi famigliari ho abbandonato la Toscana per tornare al nord Italia.
10 mesi al nord, ma siccome il nord è troppo a nord, ho pensato di riscendere verso il centro. Questa volta ho scelto Bologna, per ora la decisione è presa per due mesi e poi boh. Le decisioni a lungo termine non riesco più a prenderle, producono in me stati di agitazione.
Credo di essere affetta da nomadismo naturale, soffocato negli anni da troppa stanzialità.

I traslochi fanno bene, sono una liberazione. Svuotare una casa è come liberarsi di qualcosa di noi che non ci va più, oggetti, persone, pensieri.
Con il primo trasloco, ho liberato la casa in cui ho vissuto 15 anni, piena di cose utili ed inutili,  tante cose che pensavo fossero "necessarie" sono risultate inutili pure quelle (non ne ho sentito la mancanza con la loro assenza).
Ora, al terzo trasloco, le mie cose sono diminuite drasticamente, se prima ci stavano in una casa, con il secondo  ci sono state in un furgone, e ora, con il terzo, ci stanno in una piccola utilitaria.

Credo che avrò davvero trovato il posto dove stare , quando la mia vita ci starà tutta in un bagaglio a mano.



sabato 24 agosto 2013

Taggami ancora, taggami tutta.

Accanto a me, seduti al tavolo del ristorante, una coppia, ognuno preso dal proprio telefonino ultima moda. Non si parlano, in un altro tavolino un'altra coppia ripete la stessa scena.  Io e la mia amica ci guardiamo, iniziamo le nostre chiacchiere,  riusciamo a chiudere la bocca giusto per infilarci il sushi.  Altre coppie, altre scene simili, forse staranno studiando su wikipedia cosa è un futomaki, o come si usano le bacchette. 
Spio, tutti e due stanno guardando facebook e noi continuiamo a parlare.  Ecco che lui apre bocca,: lui "ho una app per conoscere le stelle"
Lei: Figo!
Dopo queste prime parole udite, fanno un commento tra loro sulle nostre chiacchiere. Io e la mia amica, con lo sguardo complice, sorridiamo, un sorriso vero, nessuno smile giallo inviato. Forse li abbiamo disturbati, li abbiamo distratti  e non riuscivano a scrivere bene. 

Ci viene un dubbio: siamo fuori moda? Non si usa più comunicare con le parole?
Da quello che si vede in giro no.
Ci si tagga e non ci si tocca, si chatta e non si parla, si fissa un telefono senza  guardarsi in giro, si fa l'amore con skype, condividiamo fatti senza condividere azioni.

Non siamo mai stati così sconnessi da quando vogliamo essere sempre connessi.


il video spiega bene i concetto








lunedì 5 agosto 2013

Involtini vietnamiti per finire il lunedì.

Il cibo, come l'erotismo, entra dagli occhi. (Isabelle Allende)

INVOLTINI VIETNAMITI
Stasera fa caldo, tanto, ma nonostante ciò la fame non mi abbandona. Una noioso lunedì sera, che faccio? Cucino e mangio.
La ricetta è facile, dal mio punto di vista, dal vostro non so, dipende se avete voglia di farla.

Cosa serve
Il frigorifero mi concede delle verdure fresche zucchine, carote e cavolo cinese (o insalata). Potete utilizzare dei gamberi cotti al vapore, o ingredienti a piacere.
Oltre alle verdure dovete avere degli spaghettini di pasta di riso (facoltativi) e delle gallette di riso (vietnamiti), quesi due ingredienti li trovate nei negozi di cibo cinese.
Se siete tra quelle persone che entrerebbero mai in questi negozi, lasciate perdere la ricetta e fatevi degli spaghetti al pomodoro. 

Cottura
Per prima cosa cuocere qualche minuto al vapore le verdure. Mettere in ammollo gli spaghettini e dopo 15 minuti circa, fateli bollire qualche minuto per ammorbidirli. una volta cotti raffreddateli sotto l'acqua e scolateli.
Una volta che gli ingredienti sono cotti e raffreddati, potete iniziare a riempire le gallette trasparenti.
Mettetene una alla volta in ammollo in un piatto piano, con dell'acqua tiepida, circa 5 secondi.
Appoggiarla su una base liscia, mettere sulla base la foglia di cavolo, poi le verdure tagliate a fettine sottili, e una manciata di spaghetti di riso.
Chiudere prima i lati e poi avvolgerla.   

Ci starebbero bene dei semi di sesamo nero, ma non sono necessari.

Le verdure e il riso sono tutti ingredienti al naturale, nella cottira non si aggiunge nulla, il sapore sarà dato dalle salse di condimento. 

Si mangiano con le mani, accompagnati da salsa di soia o/e salsa agrodolce piccante thailandese (sempre nei negozi etnici).

Un noioso lunedi di agosto finito bene.